Impignorabilità di somme della Pubblica Amministrazione e onere probatorio: le recenti conferme della giurisprudenza di merito e di legittimità

 

In materia di esecuzione forzata contro la pubblica amministrazione, con ordinanza n. 19103 del 2020 la Corte di Cassazione ha confermato che “Il creditore procedente che intenda far valere l’inefficacia del vincolo di destinazione è onerato di allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all’ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico.” [1]

Al fine di chiarire la portata del dictum in esame, giova ripercorrere brevemente i presupposti normativi su cui la pronuncia si fonda, nonché l’evoluzione del principio di vicinanza della prova in ambito di esecuzione forzata contro la pubblica amministrazione.

 

Contesto normativo: l’impignorabilità relativa di somme della Pubblica Amministrazione

È, ormai, ampiamente riconosciuto che anche la pubblica amministrazione risponda dell’adempimento di proprie obbligazioni con il proprio patrimonio, secondo quanto sancito dal combinato disposto degli articoli 2740 e 2910 c.c., con la sola esclusione dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile ovvero delle somme di denaro vincolate all’esercizio di un pubblico servizio.[2]

Nel corso degli anni, al fine di tutelare capacità e stabilità economico-finanziarie sia degli enti locali sia delle aziende sanitarie locali, il legislatore ha previsto, da un lato, ipotesi legali di impignorabilità e, dall’altro, la possibilità per gli enti di apporre di volta in volta, con propria autonoma delibera, un vincolo di impignorabilità su determinate somme di denaro depositate presso il proprio tesoriere.

A tale ultimo riguardo, l’articolo 1, comma 5 del D.L. 9/1993 (convertito con modificazioni dalla Legge 67/1993), prevedeva originariamente che l’organo amministrativo delle aziende sanitarie e ospedaliere locali potesse sottoporre a vincolo di impignorabilità le somme “nei limiti degli importi corrispondenti agli stipendi e alle competenze spettanti al personale dipendente o convenzionato”, nonché “nella misura dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell’erogazione dei servizi sanitari definiti con decreto del Ministro dell’interno …”.

Una previsione solo apparentemente analoga, questa volta riferita agli Enti locali, era contenuta nell’articolo 11 del D.L. 8/1993. In tale ipotesi, si prevedeva la possibilità per l’amministrazione locale di sottoporre a vincolo di impignorabilità le somme “destinate al pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi”, nonché al pagamento “delle rate dei mutui scadenti nel semestre in corso” e “delle somme specificamente destinate all’espletamento dei servizi locali indispensabili quali definiti con decreto del Ministro dell’interno,…”.

Tuttavia, a differenza di quanto osservato per le aziende sanitarie locali, era previsto:

  1. che l’amministrazione avesse l’obbligo di quantificare preventivamente l’importo delle somme vincolate;
  2. che la delibera di impignorabilità avesse un’efficacia temporale limitata ma rinnovabile periodicamente;
  3. che i successivi mandati di pagamento per titoli diversi da quelli vincolati fossero emessi seguendo l’ordine cronologico delle fatture pervenute ovvero, in caso di pagamenti non soggetti a fattura, della data di deliberazione del relativo impegno da parte dell’ente, pena la perdita dell’efficacia del vincolo di impignorabilità.

Ne discendeva una evidente disparità di trattamento sotto il profilo creditorio. A ben vedere, con riguardo alle sole aziende sanitarie locali, la mera delibera di impignorabilità ben avrebbe potuto paralizzare l’azione esecutiva del creditore, senza necessità che le somme fossero state preventivamente individuate e senza l’ulteriore condizione che fosse rispettato l’ordine cronologico di fatturazione (o di impegno delle somme) in caso di successiva emissione di ordini di pagamento per titoli diversi rispetto a quelli vincolati

Con sentenza n. 285 del 29.6.1995[3], la Corte costituzionale ha censurato l’irragionevolezza dianzi richiamata, di fatto estendendo anche all’ipotesi di cui all’articolo 1, comma 5 del D.L. 9/1993 le condizioni dettate per l’impignorabilità delle somme disposta dagli enti locali.[4]

Successivamente, il legislatore è intervenuto nuovamente in materia, prevedendo un analogo regime di impignorabilità di somme sub art. 159, Testo Unico degli Enti locali (TUEL). In particolare, la norma in questione disponeva originariamente che non sono soggette ad esecuzione forzata “le somme di competenza degli enti locali” destinate al:

  1. pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;
  2. pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;
  3. espletamento dei servizi locali indispensabili.

Quanto all’efficacia del vincolo di impignorabilità, era previsto che l’ente avesse l’obbligo di adottare una delibera semestrale (da notificarsi al tesoriere) mediante la quale quantificare preventivamente “gli importi delle somme destinate alle suddette finalità”.

Tuttavia, nulla era previsto con riguardo alla necessità che l’ente fosse tenuto a rispettare categoricamente l’ordine cronologico delle fatture ricevute in caso di successiva emissione di ordini di pagamento a titoli diversi rispetto a quelli vincolati.

Ne scaturiva un ulteriore intervento correttivo della Corte costituzionale[5], attraverso il quale venivano definitivamente estese anche alle ipotesi di impignorabilità disciplinate dal TUEL le condizioni e i limiti previsti supra.

Pertanto, alla luce della normativa dianzi richiamata e dei ripetuti interventi del Giudice delle leggi, l’efficacia del vincolo di impignorabilità di somme di una P.A. è oggi subordinata alle seguenti condizioni:

  1. che, con apposita delibera, l’ente abbia preventivamente quantificato le somme impignorabili;
  2. che l’ente abbia notificato al proprio tesoriere la suddetta delibera;
  3. che, in caso siano emessi mandati di pagamento per titoli diversi eseguiti successivamente all’apposizione del vincolo, l’efficacia del vincolo di impignorabilità è subordinata al pedissequo rispetto dell’ordine cronologico delle fatture ricevute (ovvero l’ordine cronologico delle deliberazioni d’impegno da parte dell’ente stesso).

Come osservato in letteratura[6], il rispetto dell’iter procedimentale appena descritto produce specifici effetti sostanziali rilevanti nell’eventuale fase contenziosa o esecutiva. In particolare, l’adozione della delibera opera quale momento perfezionativo del vincolo di impignorabilità; l’emissione di ordini di pagamento a titolo diverso opera quale fatto estintivo di suddetto vincolo; infine, il rispetto dell’ordine cronologico dei pagamenti per titoli diversi costituisce fatto impeditivo del dispiegarsi del suddetto effetto estintivo.

 

Il riparto dell’onere della prova nella fase esecutiva: il principio di vicinanza della prova alla luce dei recenti arresti della giurisprudenza di legittimità e di merito

Quanto alle vicende processuali relative all’efficacia del vincolo di impignorabilità, si è a lungo dibattuto su chi dovesse provare il rispetto dell’ordine cronologico dei pagamenti effettuati dalla P.A. per titoli diversi da quelli sottoposti a vincolo di impignorabilità.

Sul punto, la Corte di Cassazione aveva originariamente espresso l’orientamento, rigidamente incardinato sul canone dell’onus probandi incumbit ei qui dicit, secondo cui spettasse al creditore procedente l’onere di provare la violazione dell’ordine cronologico di emissione delle fatture al fine di far valere l’inefficacia del vincolo di impignorabilità deliberato dall’ente debitore.[7]

Allo stesso modo, con sentenza n. 8327 del 2011[8], la Corte concludeva nel senso che “grava sul Comune, debitore escusso, unicamente l’onere di provare i fatti impeditivi dell’esercizio dell’azione esecutiva e, precisamente, l’esistenza delle delibere comunali che hanno vincolato le somme in bilancio”. Al contrario, “incombe sul creditore procedente l’onere di provare l’esistenza di fatti contrari a quelli impeditivi e, in particolare, l’emissione di mandati di pagamento per titoli diversi da quelli vincolati e senza seguire l’ordine indicato dalla legge.”

L’orientamento in commento prestava il fianco ad alcune criticità. Come evidenziato da autorevole dottrina[9], al creditore procedente sarebbe stata inevitabilmente demandata una probatio diabolica in quanto, pur trattandosi della prova di un fatto positivo dell’azione esecutiva, i mandati di pagamento e il relativo ordine cronologico sono atti interni alla pubblica amministrazione difficilmente reperibili dal privato cittadino.

Una prima inversione di tendenza sul punto si era già avuta, in realtà, con la pronuncia della sentenza n. 23727 del 2008, con cui la Corte di Cassazione, contrariamente all’orientamento dianzi richiamato, aveva sottolineato che spettasse all’Ente debitore “provare che i pagamenti effettuati per debiti estranei eseguiti successivamente siano stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico”.

Tuttavia, un solido ripensamento delle argomentazioni dianzi esaminate si è avuto nel 2012, quando il Giudice di legittimità ha definitivamente esteso anche alla materia dell’impignorabilità di somme della P.A. una lettura dell’articolo 2697 c.c. fondata sul principio della “vicinanza della prova”, accogliendo, peraltro, alcune delle indicazioni già emerse in letteratura. Come noto, il principio in esame presuppone che l’onere della prova debba essere ripartito tra le parti in giudizio tenendo conto della rispettiva possibilità in concreto che queste abbiano di provare le specifiche circostanze di fatto poste a base delle proprie domande o eccezioni.

Coerentemente, con la sentenza n. 4820 del 2012[10] i giudici di legittimità hanno ritenuto che il creditore procedente abbia l’onere di allegare le sole “circostanze di fatto” dalle quali sia legittimo dedurre il “sospetto” che il vincolo di impignorabilità sia divenuto inefficace.

Nello specifico, la Corte ha osservato che non è possibile demandare al creditore l’onere di provare la mancata osservanza dell’ordine cronologico dei pagamenti, “essendo evidente l’inaccessibilità, da parte del singolo creditore, alla complessa contabilità di un ente complesso come il Comune (…) e quindi la sua impossibilità di provare altrimenti le circostanze dedotte…”

L’orientamento in esame è stato, da ultimo, confermato dalla Corte con ordinanza n. 19103 del 2020[11], ove si conclude nel senso che “Il creditore procedente che intenda far valere l’inefficacia del vincolo di destinazione è onerato di allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all’ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico.”

Sulla scia dell’evoluzione qui descritta, giova segnalare, altresì, un’importante pronuncia del Tribunale di Napoli Nord[12], con la quale sono stati forniti ulteriori chiarimenti circa il perimetro dell’onere probatorio incombente sul creditore procedente alla luce del principio di vicinanza della prova.

In particolare, al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia della delibera di impignorabilità, al creditore procedente spetterà “allegare” l’emissione di mandati di pagamento per debiti estranei. Tale allegazione dovrà essere “specifica”, nel senso che dovrà includere una serie di elementi fattuali (quelle “circostanze di fatto” richieste dalla Suprema Corte), quali la “data” e lo specifico titolo “estraneo” del pagamento, da cui il giudice potrà desumere il “sospetto” che il vincolo sia divenuto inefficace.

Spetterà, invece, all’Ente esecutato provare che il pagamento sia stato eseguito per servizi indispensabili vincolati con la delibera e che sia stato rispettato l’ordine cronologico delle fatture pervenute per il pagamento.

 

Note

[1] Consultabile su https://www.inexecutivis.it/Files/Sentenze/Cassazione/2020/sent.%2019103.pdf

[2] Sul punto, si rimanda a C. cost., 21.7.1981, n. 138.

[3] Consultabile su https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1995&numero=285

[4] Il legislatore provvedeva, pertanto, a introdurre un comma 5-bis nell’articolo 1, D.L. 9/1993 in cui si prevede, tra l’altro, che “Dalla data di adozione della deliberazione l’ente non può emettere mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l’ordine cronologico delle fatture così come pervenuto per il pagamento o, se non è prescritta fattura, dalla data della deliberazione di impegno.”

[5] Sul punto, C. cost., sentenza 4-18 giugno 2003, n. 211, consultabile su http://www.giurcost.org/decisioni/2003/0211s-03.html

[6] Rossi, L’espropriazione presso terzi di crediti e di cose della pubblica amministrazione, in Auletta F., Espropriazione presso terzi, Bologna, 2011, 296; A. Auletta, Aspetti problematici dell’esecuzione forzata contro la pubblica amministrazione, In Executivis, 2020, 25

[7] Ex multis, Cass. 6.6.2006, n. 13263.

[8] Consultabile su https://sentenze.laleggepertutti.it/sentenza/cassazione-civile-n-8327-del-12-04-2011

[9] Vaccarella R., Impignorabilità di somme vincolate dall’ente locale e onere della prova, in Riv. esecuz. forz., 2006

[10] Consultabile su http://www.segretarientilocali.it/nuovo/A2012/Doc/Cassazione4820-2012.pdf

[11] Si veda sub nota n. 1.

[12] Trib. Napoli Nord, Est. A. Auletta, sentenza del 25 settembre 2018, consultabile su http://mobile.ilcaso.it/sentenze/processo_civile/20695/processo_civile#gsc.tab=0

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